a cura di Gianluca Marziani
Il Genius loci è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. Nel tempo moderno, genius loci è divenuta un’espressione adottata in architettura per individuare un approccio fenomenologico allo studio dell’ambiente, interazione di luogo e identità. Con la locuzione di genius loci si intende individuare l’insieme delle caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente, una città.
GENIUS LOCI è anche il titolo di un viaggio che ha connesso il duo artistico TTOZOI alla cultura archeologica italiana.
LUOGHI
Il concettualismo biologico di TTOZOI ha stabilito un dialogo con tre siti Unesco, simboli universali della cultura italiana: la REGGIA DI CASERTA (novembre 2017) con la sua necropoli sannita databile IV sec a.C., riportata alla luce nel 1990 nell’area sottostante il secondo cortile; l’ANFITEATRO DEL COMPLESSO ARCHEOLOGICO DI POMPEI (dicembre 2017) dove il duo ha utilizzato gli ambulacri, sepolti dall’eruzione del Vesuvio del 79 e poi riportati alla luce; infine il COLOSSEO (giugno 2022), il più grande anfiteatro del mondo, simbolo globale di Roma ed icona d’Italia.
Le tre aree prescelte rappresentano l’apoteosi più limpida del genio italico, la vetta archeologica di antichi lustri dell’umano ingegno e di una cultura civica avanzata. L’integrazione coi luoghi avviene per proliferazione ramificata, non fermandosi a qualcosa di puramente formale ma agendo su un processo che integra visibile e invisibile, memoria e presente, storia e cronaca, individui e collettività.
Assieme a queste tre polarità il progetto ha toccato altri luoghi di preziosa memoria culturale. A San Francisco le opere hanno trovato posto temporaneo nel GOLDEN GATE BRIDGE (2019), l’iconico ponte rosso della città californiana. A Spoleto le opere sono state disposte presso la CASA ROMANA (estate 2018) tra gli eventi espositivi del Festival dei Due Mondi. Un’altra tappa significativa ha visto le tele presso l’ANFITEATRO DI SANTA MARIA CAPUA VETERE (Agosto 2021), uno dei più straordinari patrimoni di epoca romana, secondo per dimensioni al più famoso Anfiteatro Flavio a Roma.
ATTIVITÀ FUNGINA
Il duo ha creato le opere all’interno dei tre siti prescelti, processando l’attività fungina negli spazi al chiuso in cui le tele grezze sono state disposte, per un tempo necessario alla miglior proliferazione delle muffe. Il risultato di queste tre operazioni è quanto presentiamo al MUSEO BILOTTI, simbolicamente nel cuore verde di Roma, la città in cui il progetto venne presentato alla stampa il 31 ottobre 2017 (Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo) e dove oggi si espongono i risultati pittorici di un processo unico e straordinario.
Il progetto GENIUS LOCI invade il campo della determinazione biologica nel corso della vita terrestre. I quadri parlano di processi naturali che trasformano le muffe in grammatica pittorica dentro la gestione linguistica della tela. Un modo radicale di affrontare una pittura che anticipa e segue l’Antropocene; un dipingere che si assimila, per paradosso, alle energie cromatiche delle stelle, dei buchi neri, del suolo su pianeti lontani, dei detriti cosmici che determinano le superfici naturali del nostro Pianeta.
In questa risoluzione metafisica il frangente archeologico connette l’arte al suo valore assoluto, ovvero, condensare un’estetica preformale che è cellula di ogni futura figurazione, di ogni seguente astrazione, di ogni eventuale ricomposizione informale. L’incrocio tra forma e colore genera biologie in cui i TTOZOI gestiscono l’ideazione e le regole d’ingaggio, decidendo formati, impasti e durata ma non potendo intervenire sul ciclo vitale dei miceti e sull’unicità organica (e iconografica) del singolo quadro.
La pittura del duo, così atomizzata nella sua biologia fungina, non poteva che integrarsi alle rovine monumentali di civiltà perdute ma ampiamente storicizzate. Il COLOSSEO, archetipo di un’umanità che costruiva simboli ambiziosi, destinati a sfidare il tempo e il rito mortale, ha accolto la terza tappa di un viaggio che è passato per la Reggia di Caserta e l’Anfiteatro di Pompei. Dentro l’Anfiteatro Flavio sono nate le figlie biologiche di questo capolavoro in pietra, connesse al clima pluricellulare che si addensa nei suoi spazi umidi, una fusione con le spore che hanno varcato millenni e geografie, sfidando lo spazio e il tempo che avvolge la vita sulla Terra. Guardare assieme i quadri è come assistere agli impulsi di una tempesta radioattiva o un processo elettrolitico, di una supernova in esplosione o un’aurora parossistica: azioni e reazioni di una preforma che anticipa idealmente la pittura rupestre e procede oltre il tempo della fine terrestre, verso quel “prima” e “dopo” in cui la mente umana giammai arriva ma dove la pittura, linguaggio sciamanico e alchemico, giunge con il rituale “creativo” della veggenza.
Le opere, elaborate nei tre maggiori siti monumentali del nostro Paese, sono l’esito di un processo biologico che investe le muffe e tutte le reazioni sulla tela durante la permanenza controllata nei luoghi suddetti. La risultanza ha forme sorprendenti che si connettono ad artisti come Alberto Burri e Salvatore Emblema, evolvendo però la natura storica delle astrazioni informali, qui ricondotta ad un legame profondo con l’atmosfera, il microclima, i batteri, le componenti chimiche dei sedimenti secolari e millenari.
INTEGRARSI AL TEMPO ORIZZONTALE
Cosa è accaduto durante la permanenza delle opere presso la Reggia di Caserta, gli Scavi Archeologici di Pompei e il Colosseo? Come hanno agito le muffe naturali nei giorni di silenziosa sospensione dei telai lungo gli spazi sotterranei dei luoghi? Il risultato diventa la forma immaginata e misteriosa, viva e pulsante, figura inizialmente possibile ma mai realmente preventivabile. Perché il risultato appartiene alla biologia del luogo, alle variabili infinite di un environment, ai tempi di permanenza nel sito specifico. TTOZOI decidono, con metodo e disciplina, quando fermare il processo, optando per un istante di chiusura, così come nella vita si sceglie un inizio che conduca al conseguente epilogo. Dal momento in cui le muffe sono bloccate, l’opera rende l’impronta materica un segno definitivo, una nuova superficie che metabolizza la metafora e la somiglianza mimetica. Le tele attraversano le molteplici nature di un’immagine dal cuore informale: paesaggi nebulosi, montagne tra cieli che brillano, mari con variabili di infiniti blu, paesaggi notturni visti dal cielo, contrappunti luminosi che giocano tra micromondo cellulare e macromondo astronomico. GENIUS LOCI metabolizza, con involontaria ma consapevole precisione, un intero arco di memorie astratte, di echi informali e poveristi, di motivazioni cromatiche e citazioni pittoriche. Le tele somigliano a finestre dentro l’archeologia del tempo, viaggi spaziali che portano la pittura nelle memorie ancestrali dei siti, nei giochi coloristici che il paesaggio ricrea, nei riti metabolici che le materie naturali permettono. Una perfetta sinergia tra l’imponenza dei luoghi e il cuore caldo che abita le fondamenta: la pietra da una parte, immobile e avvolgente, la materia naturale dall’altra, così instabile, elettrica e sempre diversa…
BIOLOGIA PARTECIPATIVA
La muffa diventa puro codice linguistico, un applicativo biologico che conduce la pittura al punto limite delle sue possibili mutazioni. La grammatica dei TTOZOI amplia i processi dinamici di Pier Paolo Calzolari e Giuseppe Penone, riportando l’orbita iconografica delle mutazioni nei perimetri conclusi del quadro. L’azione naturale non si disperde ma avviene su superfici circoscritte, sotto il controllo dello spazio d’azione. Un evento tra casualità e controllo che radicalizza il legame tra Arte e Natura, rendendo la biologia un fenomeno elaborativo e partecipativo. Una dialettica viva che porta il fattore creativo nel cuore pulsante del ciclo naturale.
IL PROCESSO
Il processo informale, realizzato a quattro mani, prevede l’utilizzo di materie organiche (farine varie), acqua e pigmenti naturali su tele di juta, poi riposte in particolari teche che favoriscono la naturale proliferazione di muffe, con manifestazioni sempre diverse. Nel momento in cui si nutrono della sola parte organica, le spore interagiranno con l’opera secondo uno schema ignoto ed apparentemente caotico. In realtà TTOZOI monitora la progressione del processo, fin quando deciderà di interromperlo, secondo una declinazione di salvataggio dall’estetica in purezza. Solo a questo punto le tele verranno rifinite ed ultimate, lasciando visibili le tracce del passaggio della natura. Un approdo estetico che stravolge il fattore interpretativo delle opere. Tutte le apparenze astratte si trasformano in un processo ad alta valenza figurativa, dove ciò che vediamo ci conduce ben oltre la pura forma, nella stratificazione pittorica di memorie, esperienze, processi dinamici, contributi esogeni…
La Natura non era mai stata così connessa alla Pittura
La Pittura non era mai stata così sensibile alle (im)pressioni della Natura