Nel mondo della moda e del design le collaborazioni con gli artisti rappresentano un legame consolidato da decenni, ma cosa succede invece quando è l’industria ad incontrare l’arte?
Negli anni abbiamo assistito alla conversione di molti ex edifici industriali in centri dedicati all’arte, in particolare contemporanea. Si pensi per esempio all’Hangar Pirelli di Milano, oppure, sempre nella medesima città, a Zona Tortona, un intero quartiere industriale riconvertito e diventato tra i più dinamici per quanto riguarda i campi della creatività e della sperimentazione.
Ma industria ed arte possono convivere e cooperare assieme, magari nel medesimo edificio? È quello che accade all’imbocco della Valdossola, ad Ornavasso, paese di circa tremila abitanti ad appena un’ora di strada da Milano. Qui, nella fabbrica metalmeccanica MEW – Magistris&Wetzel ha da alcuni mesi aperto i battenti WEM, spazio dedicato all’arte contemporanea, il più grande del Lago Maggiore.
Il legame tra industria e arte in Magistris&Wetzel è iniziato nel 2017 per volere dell’imprenditore e azionista della fabbrica Marco Bracaglia, il quale ha deciso di supportare il lavoro di alcuni artisti istituendo delle residenze artistiche proprio all’interno degli spazi produttivi. WEM Gallery è un caso raro nel panorama artistico italiano, dove alle classiche attività di una galleria d’arte, come la vendita di opere d’arte e la produzione di mostre, al visitatore viene offerta la possibilità di gettare uno sguardo su alcuni tipi di processi di lavorazione industriale. Inoltre fatto ancora più inconsueto e quintessenza del legame indissolubile tra galleria e fabbrica – la
maggior parte delle opere presenti vengono prodotte in loco utilizzando l’acciaio, materiale che in Magistris&Wetzel viene lavorato fin dal 1951.
La nascita di WEM Gallery è stata accompagnata dall’inaugurazione della mostra Out of Place dell’artista romano Daniele Sigalot, non a caso il primo con cui Magistris&Wetzel ha iniziato a collaborare all’interno del programma di residenze d’artista. Amante dei contrasti e dei paradossi (protagonisti infatti della mostra assieme all’acciaio), Daniele Sigalot è rimasto fin da subito meravigliato dallo spazio. In una recente intervista per la rivista Big Emotion, ha infatti affermato: “WEM è un posto unico. Passi dalle presse e i bracci robotici a un white cube che potrebbe essere una galleria di New York. Apri una porta e ti sembra di entrare in un
portale che ti catapulta in un posto agli antipodi del precedente. Rumore e industria da un lato, silenzio ed arte dall’altro. Io che lo frequento sempre più spesso continuo a stupirmi ogni volta che faccio questo passaggio di dimensione”.
Parole simili sono state usate anche dal proprietario di WEM Gallery, Marco Bracaglia, il quale nella medesima intervista ha raccontato: “Anche io sono affascinato dai contrasti come Daniele. Trovo interessante che da una fabbrica tuttora in attività, che oggi compie settant’anni e che appartiene quindi alla old economy, possa nascere un’impresa innovativa. Inoltre, credo possa essere stimolante che da un posto dedito alla produzione di oggetti seriali, funzionali ma scevri di
valore estetico o concettuale, vengano realizzate opere d’arte uniche, prive di una funzione pratica, ma che hanno il compito di invitare a riflessioni più ampie”.
Le novità che WEM Gallery porta con sé non si si fermano qui: l’intenzione è inoltre quella di rivoluzionare anche le dinamiche del mercato, aprendo la possibilità di acquisto delle opere d’arte fino a questo momento limitata ad una stretta nicchia di privilegiati – ad un pubblico più ampio attraverso la cosiddetta “Formula WEM”, un dilazionamento dei pagamenti fino a 120 mesi, senza interessi e comprensivo di una polizza kasco