WEM EDITORIAL #4 CHIARA DYNYS
Self (2021)
La ricerca di Chiara Dynys (Mantova; 1958) ruota largamente intorno al tema dell’identità, della perceazione del sé e della sua rappresentazione. Presentata in occasione della mostra “Chiara Dynys. Melancholia” presso il Museo MA*GA e a cura di Alessandro Castiglioni, la serie Self (2022) nasce dall’ampia ricerca artistica di Chiara Dynys sul tema dell’identità e trova le sue radici in quei linguaggi e gli elementi caratteristici del lavoro dell’artista riguardano l’esplorazione del sé e della sua percezione. Lavorando solitamente con specchi e dispositivi ottici, esplora la natura ambigua delle rappresentazioni, trasformando le sue opere in una sorta di “trappola”, in cui il vedersi non porta a riconoscersi.
Inoltre, l’opera riscopre un linguaggio profondamente legato all’origine del lavoro artistico di Dynys: la pittura.
“Mi è piaciuto molto riprendere a dipingere dopo molti anni. In questo caso, mi interessava immaginare dei ritratti sintetici, in cui ognuno potesse immaginare di trovare il proprio”. Chiara Dynys
La pittura è stata il punto di partenza della ricerca di Chiara Dynys e per usare le parole del critico d’arte e curatore italiano Achille Bonito Oliva “Nella pittura di Chiara Dynys l’ampia applicazione del colore prende possesso e forma lo spazio del quadro che evoca se stesso, descritto nei termini della sua fenomenologia bidimensionale. Si colloca secondo il senso della frontalità della materia che condensa la doppia posizione dell’opera e dello spettatore […] Dynys non crede nell’astrazione come un processo di allontanamento, ma come un movimento che attraversa il tempo e rappresenta la coagulazione spaziale della materia e del gesto”. [1]
Nel multiplo Self, possiamo trovare molti elementi chiave della sua ricerca: il ritorno della pittura, l’uso dello specchio come metafora dell’indagine del sé e l’astrazione come chiave di passaggio nel tempo e nello spazio, attraverso diverse dimensioni.
Il curatore Alessandro Castiglioni scrive: ” Questi Self sono, in fondo, specchi “in meno”. La nostra immagine, moltiplicata dagli schermi della contemporaneità, si azzera e prolifera, allo stesso tempo. Il campo pittorico, infatti, è sgombro, uniforme, anche se non siamo in gradi di capire se si tratti di una cancellatura o di un occultamento, ora impreziosito dall’oro, ora dall’argento, ora dal titanio o dal rame ma notiamo solo una piccola lettera che compare, colorata, nell’angolo di ciascuna tela. Solo 4 tele insieme sono in grado di costituire una delle unità dell’opera.
L’opera è un multiplo in edizione di 100, composto da 4 tele monocromatiche che rappresentano uno specchio ideale. Le tele, realizzate con pennellate dense e materiche, contengono 4 lettere, S/E/L/F, che vengono successivamente ricomposte con i colori, diversi per ogni lettera in ogni quadro. Ogni tela diventa così uno specchio metaforico e ogni sua variante presenta caratteristiche uniche e diverse: 100 possibili soluzioni del sé.
[1] A. Bonito Oliva, Chiara Dynys, in Chiara Dynys, catalogo della mostra (Firenze, Galleria Vivita 2, 31 gennaio – 14 marzo 1987), Milano, 1987, pp. 7-9